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Expo!

11/05/2015

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Expo 2015 (molto molto) in breve.

Padiglione Migliore architettura Techno-Pop: Corea del Sud
Padiglione Migliore animazione: Giappone
Padiglione Ph.D.: Germania
Padiglione Migliore terrazza: USA
Padiglione Simpatia: Ecuador
Padiglione Insostenibilitá: Qatar (ma spazio bimbi accogliente, e per di più all’ombra. Effetto Mayassa?)
Padiglione Migliore Orto: Francia
Padiglione Miglior Frescura, Giardino e Epicedio dell’Ape: Inghilterra
Padiglione Miglior Zuppa di Funghetti con crema: ancora Corea del Sud.

Il Padiglione Italia, spiace dirlo, è per lo più orribile, nel triplice senso che è spaccone, genuflesso e OT. Sfigurato giá nell’atrio dalla raccapricciante scultura di #Vanessa Beecroft, l’edificio è un asintotico morphing dello Stadio Olimpico di Pechino progettato da Herzog & De Meuron (con Ai Weiwei) nel 2008 e della “Cittá che sale” di Boccioni, una furbata da fine corso con pretenziositá da magione dannunziano-normanna (questo per le due trivialitá in chiave eroico-Pop (sic) rivendicate dallo Studio Nemesi, nomen omen). I contenuti sono molto peggio. La frase che rimane più a lungo nella mente, certo non un endecasillabo, è: “facciamolo come le piante”. Questo per quanto concerne la teca delle lenticchie. Ma è del tutto incredibile che l’intero progetto espositivo ruoti attorno all’autolesionismo e all’autocommiserazione. Le due sale dedicate all’esplorazione del tema “Un mondo senza l’Italia” – con tanto di plastico monumentale dell’Europa con penisola mozzata – dovevano forse sembrare simpaticamente esorcistiche. Sono solo iettatorie. Sapremo mai chi è l’idiota? Invece per trovare un ortaggio o una vite occorre migrare verso il Padiglione francese, per trovare un'”Ultima cena” verso il Padiglione della Santa Sede (Tintoretto), per trovare una Primavera o una piazza rinascimentale verso il Padiglione inglese. Non parliamo poi di industrie creative. Il nostro modello di immagine in movimento e di installazione video sono le discoteche di Ibiza. Il nostro Padiglione compete per superficialitá e sfrontatezza con la frase che il memorabile ‪#‎OscarFarinetti‬ ha posto a incipit dei “Venti ristoranti regionali” di ‪#‎Eataly‬: “The Answer Is Blowing in The Wind”. Che c’entra Bob Dylan con le cucine regionali, la retorica enogastronomica, la salamella, potrebbe chiedersi un qualsiasi angloamericano appena scolarizzato? Un omaggio al paese per la cui liberazione ha combattuto il padre partigiano, suppongo. Fierezza patriottica contro accattonaggio.