On Kawara †
13/07/2014
E’ stato un artista che mi ha molto emozionato, capace di esplorare le distanze tra mente e mondo e di farlo con un’ironia o una sottigliezza pari alla discrezione. Non credeva all’esistenza di qualcosa come l’”autore”. Tutto quello che vale la pena dire è indicibile. Quello che possiamo dire non ha poi molta importanza. L’esperienza è intrasferibile, e non è egodiretta. Questo, in definitiva, il fulcro sapienziale attorno a cui ha ruotato la sua attività. Abbiamo solo una sua immagine: lontano, di spalle, dialoga con un pescatore mentre insieme camminano lungo un sentiero, già quasi prossimi a sparire. In un’immagine fotografica del 1969, intitolata Studio, aveva ritratto le proprie valigie nell’atrio dell’allora piccolo aereoporto di Foz do Iguaçu, nello stato brasiliano del Paranà. Recentemente si era occupato di infanzia e apprendimento, forse riflettendo sulle origini di ciò che con troppa pompa chiamiamo “arte”. Una volta ha scritto in un laconico telegramma dei suoi: “I’m still alive”. La breve rassicurante notizia oggi può sembrarci una sottile allegoria.