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il mio contributo a Università 3.0, il libro di ROARS (eCommons, Roma 2015).

Il libro di Roars

01/04/2015

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Ecco il libro che raccoglie la storia del blog collettivo Roars. Return on Academic Research. Ad oggi 😉

Qui il mio contributo su #Humanities e innovazione sociale #socinn

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Il momento Eureka. Pensiero critico e creatività è il mio eBook sull’innovazione cognitiva, appena uscito per Doppiozero, a cura di cheFare: dedicato ai processi di scoperta e esplorazione, all’intuizione e alle sue origini composite, all’allineamento di pensiero convergente e divergente, a ciò che chiamiamo la “scintilla” (o il “momento Eureka”, appunto) e smentisce la tesi delle “due culture”.
 
Scrivere questo libro, al cui interno la storia dell’arte dialoga con le scienze cognitive, l’antropologia culturale, la teoria politica e i creativity studies, ha avuto per me un’importanza tutta particolare, teorica e affettiva insieme.
 
Il download è gratuito dalla libreria di Doppiozero, qui. E sul sito di cheFare trovate un abstract ita|eng dal titolo Anatomia della creatività [Anatomy of Creativity], sul rapporto tra arte, storia dell’arte e scienze cognitive (qui; una precedente anticipazione @Doppiozero, Ricerca e rete, qui).

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Come cambia oggi il ruolo del museo di arte contemporanea? La pratica delle “mostre” mantiene centralità, oppure sono più importanti processi di formazione? Come possiamo definire i suoi possibili rapporti istituzionali con il mondo dell’innovazione sociale e tecnologica? Ne scrivo qui discutendo alcuni modelli internazionali di istituti di “creative technology”.

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E’ singolare. Negli stressi giorni in cui l’ISIS sceglie di chiudere i dipartimenti di filosofia, archeologia e scienze giuridiche dell’università di Mosul il premier Matteo Renzi torna a deridere “professori” e “intellettuali”. La coincidenza è del tutto estrinseca: nessuna persona sensata potrebbe paragonare l’uomo politico democratico alla temibile polizia politica dei mujahidin. Trovo comunque che una spettrale analogia si stabilisca tra i due fronti.

.@matteorenzi e la polemica contro ‪#‎intellettuali‬ . Ne scrivo @The Huffington Post qui.

 

 

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La parola, le pratiche, la cittadinanza

convegno a cura di Michele Dantini e Debora Spini, 24.10.2014
Georgetown University, Villa Le Balze, via Vecchia Fiesolana 26, Fiesole, Firenze

10.15 apertura convegno
Saluto ospiti e relatori: Michele Dantini e Debora Spini

prima sessione 10.30-13.00
chair Massimiliano Rossi

Daniele Spini. Giornalismo culturale e pratica critica

Marco Brizzi. Critica e progetto architettonico

Marco Solinas. Teoria discorsiva e critica sociale

Rino Genovese. Critica della cultura come critica sociale

Emanuele Pellegrini. Critica, storia, ideologia

 

15.00-17.30 seconda sessione
chair Michele Dantini

Guido Vitiello. Critica letteraria e critica culturale

Manuel Anselmi. Discorso culturale e critica dell’ideologia

Stefano Chiodi. L’anacronismo delle immagini

Christian Caliandro. Critica vs. Dissociazione

 

La parola le pratiche locandina La parola, le pratiche, la cittadinanza_Script

Qui il mio editoriale @Artribune #20, settembre|ottobre 2014

column

E’ curioso. Tutti discutono sul tema dell’istruzione e, a leggere i giornali italiani, parrebbe che nel paese si fosse raggiunta una ragionevole unanimitá almeno su una circostanza: se l’industria italiana perde posizioni questo dipende dall’insufficiente qualificazione del “capitale umano”. Non dalla “scuola che non forma al lavoro”.

Lo ha detto Ignazio Visco a Cernobbio, lo scrive Edmund Phelps sul#Sole24Ore. In altre parole: un’industria che cresce si va a cercare i tecnici dove li trova. Non dipende certo dall’offerta nazionale. Ma l’industria italiana non cresce e non assume, né in Italia né altrove. Se lo sviluppo industriale italiano dei decenni passati ha trasformato molti operai in piccoli imprenditori, oggi volontá e duro lavoro non bastano più. Occorre avere la capacitá di cogliere il mutamento, cioè immaginazione: proprio la cosa che una rigida istruzione tecnica uccide. “E’ facile, ma pericoloso”, ammonisce Howard Gardner, psicologo cognitivo e scienziato dell’apprendimento, “concludere che in futuro ogni indirizzo formativo dovrà essere imperniato sulla matematica, le scienze e la tecnologia”.

Tutto chiaro per tutti dunque? Non proprio. Perché il best seller politico-educativo italiano dell’anno, brandito e celebrato da tutti i maggiori quotidiani nazionali, non è firmato da Visco né da Phelps né (poniamo) da Krugman, ma dall’attuale presidente di Assolombarda e giá responsabile Education [sic] di Confindustria, Gian Felice Rocca, leader di Techint etc. Si intitola Riaccendere i motori e risulta del tutto in controtendenza rispetto alla più autorevole opinione internazionale.

Per Rocca come per le innumerevoli teste d’uovo confindustriali – i soli in definitiva che la nostra classe politica sia davvero disposta a ascoltare – ci sono troppi laureati nel paese. Il progetto è dunque quello del “paese dei periti”.

Qual’è la morale della fiaba? Questa. Se altrove ci si preoccupa di sostenere l’innovazione, dunque l’occupazione qualificata e meglio retribuita, in Italia si preferisce retribuire meno il lavoro. E’ chiaro che un tecnico costa meno, in ingresso, di un laureato: il 15, 20 o 30% in meno. Possiamo considerare questa differenza come l’equivalente di una vigorosa svalutazione competitiva: l’ancestrale risorsa del cummenda italiano. L’ingresso nell’euro ci impedisce di svalutare? Bene. Dequalifichiamo l’offerta di lavoro.

Secondo voi: a quale dei due punti di vista terrá fede la riforma della scuola preannunciata dal premier, dal titolo “la Buona Scuola”?

http://www.roars.it/online/teaching-vs-research-universities-il-punto-di-vista-di-gianfelice-rocca-su-anvur-universita-ricerca-e-innovazione/

Humanities

“Sulla tirannide” di Leo Strauss è un esame incredibilmente minuzioso del “Gerone” senofonteo, dialogo dedicato al problema di come emendare il governo dispotico dalle disposizioni alla depravazione e alla crudeltá. Con grande abilitá, Strauss ricostruisce a distanza le posizioni di Socrate sul rapporto tra giustizia e legalitá da una parte, tra filosofia e società dall’altra. Le riserve straussiane sul costituzionalismo liberale, enunciate de iure, si intrecciano all’ammissione che questo è pur sempre de facto il regime migliore. Il discorso è specifico, e procede per sequenze interminabili di breve proposizioni paratattiche congiunte in forma di scolio. Sembra quasi di avvertire la voce trattenuta dell’interprete di testi sacri che accenna con brevi e successive approssimazioni all’esito del ragionamento. La cautela può sembrare (ed è) torturante, ma il tema è tutt’altro che pretestuoso o l’intenzione pedante: la scienza politica moderna non ha saputo riconoscere la tirannide contemporanea quando questa è apparsa, e…

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“Vita activa” di Hannah Arendt è un testo incredibilmente potente, senza cui non potremmo comprendere le ricerche di autori tra loro pur così diversi come Habermas, Sennett o Nussbaum. Mi colpisce che il libro, influenzato tanto in profondità dall’insegnamento friburghese di Heidegger negli anni in cui Arendt è sua allieva, non lo citi mai, così come non cita mai Schmitt, pure altrettanto presente nella rievocazione arendtiana della polis greca. Certo, le ragioni di prudenza e il distacco personale hanno contato: negli Stati Uniti del 1958, quando Arendt pubblica “Vita activa”, non si sarebbe potuto impunemente rinviare a autori connessi al nazismo. In questo senso “Vita activa” è un testo mirabilmente sincretico: tace le sue fonti e dà per fonti primarie fonti secondarie. Tuttavia c’è forse una ragione più sottile nell’omissione. “Vita activa” è dedicato alle virtù antiche del coraggio e alla sagacia. Mentre riconosce indirettamente (ma in modo inoppugnabile) il primato del filosofo-Heidegger, contesta forse all’uomo-Heidegger una sorta di opaca gregarietà nel quotidiano e la scarsa integrità nelle scelte concrete: l’adesione al nazismo, certo, la posizione mai del tutto chiara sull’olocausto, il comportamento opportunistico e al limite della viltà con Husserl o l’assoggettamento a una donna ferocemente razzista, sua moglie. Per più versi, e senza intenzione diminutiva, potremmo ritenere che “Vita activa” sia qualcosa come una corrispondenza in codice, il diario altamente cifrato di un distacco e una scrittura privata.