Home

Immagine-19

_ROARS, 25.5.2014, qui

…Cambridge Management Consulting Labs è una società costituita da Carrai nell’estate del 2012 con capitale sociale di 10 mila euro: pochi per un ambizioso “laboratorio” di consulenza transoceanica (il capitale è stato poi accresciuto, sia pure in misura modesta). In omaggio a un nome tanto ponderoso, la web page si apre con un’immagine del MIT: non male per un’impresa che ha sede a Firenze e succursali a Milano, Roma e Tel Aviv. Cambridge Management Consulting Labs si è di recente aperta a nuovi soci. Nel consiglio di amministrazione siede oggi Marco Bernabé, figlio dell’ex amministratore delegato di Telecom. E’ evidente, da questa semplice scheda anagrafica dell’azienda, che Carrai non vanta competenze complesse o score prestigiosi nei settori del patrimonio o del turismo. Il titolo a commentare sui maggiori quotidiani nazionali gli è riconosciuto esclusivamente sulla base di relazioni politiche

Immagine 6

_L’Huffington, 7.5.2014, qui

“…Proponendosi come editorialista del Sole 24Ore, dove si qualifica come presidente del Cambridge Management Consulting Labs, Marco Carrai non sembra oggi nutrire alcun dubbio o esitazione sull’opportunità del suo ruolo di commentatore politico-economico (o “influencer”, come lui direbbe). Al contrario.

In occasione del suo ultimo intervento, Carrai suggerisce al MiBACT una direzione di autoriforma in senso spiccatamente commerciale. Non solo. Delinea una politica della comunicazione unilateralmente orientata al turismo e al marketing del patrimonio artistico e ambientale. È un semplice imprenditore a caccia di affari? Purtroppo no. Non è solo questo. Stupisce che non si avverta l’indebita pressione esercitata sulle politiche governative in tema di patrimonio – perché di questo si tratta – o il potenziale conflitto di interessi di un Grande Elettore che si candida a ministro ombra dei Beni culturali.

Si scrive Dario Franceschini ma si pronuncia Marco Carrai? È una domanda che è inevitabile porsi…”

 

Immagine-1

I dettagli spesso nascondono implicazioni rilevanti. Per esempio. Nell’intervista che Enrico Mentana ha appena condotto in studio con Matteo Renzi per Bersaglio mobile mi ha colpito un passaggio forse destinato a passare sottotraccia, che assume però grande rilievo. Poco più (o poco meno) di un lapsus.

Dunque, i fatti. Interrogato (da Mentana) sui suoi rapporti con Marco Carrai in relazione a presunti conflitti di interesse, Renzi ha risposto sbrigativamente che non ce n’erano, derubricando varie questioni – inclusa quella che mi sta più a cuore, il discusso conferimento di un incarico di curatela di una mostra pubblica a persona sprovvista di requisiti e legata da rapporti personali all’”amico fraterno” – a beghe “fiorentine”. La domanda è: sono davvero “beghe fiorentine”, vale a dire locali? La mia risposta è no.

Immagino che un giornalista meno compiacente avrebbe dovuto incalzare Renzi sulle proprie reticenze, ma non è questo (o non solo) il punto. Mentana si è spinto oltre nel concordare con il primo ministro. Ha aggiunto che tutto ciò era in effetti una “bagattella”. Forse ha inteso riferirsi alla casa graziosamente prestata da Carrai a Renzi. Forse proprio alla mostra. O forse a entrambe le “questioni”. Sta di fatto, ha concluso tranchant, che la notizia croccante di questi giorni è (o sarebbe) un’altra: la Banca Popolare Cinese ha acquistato il 2% delle azioni Eni e Enel.

Dubito che la campagna cinese di acquisizioni azionarie debba essere ritenuta indiscutibilmente prioritaria, se non da punti di vista convenzionali e interni a determinate cerchie sociali. Le questioni di diritto sono (o dovrebbero essere stimate) non meno importanti delle cronache economiche o del Grande Spettacolo del Capitale. Non intendo tuttavia polemizzare con Mentana quanto considerarne le assunzioni da punti di vista distaccati e (per così dire) “etnografici”. Mi limiterò quindi a formulare due ipotesi sperimentali: una sull’opinione mainstream, l’altra sugli storici dell’arte “militanti”.

1_ Nell’accogliere senza esitazione le autovalutazioni di Renzi, Mentana ha espresso istintivamente il punto di vista della maggioranza della classe dirigente politico-economica italiana; maggioranza (a mio avviso) in larga parte prigioniera di un pregiudizio anticulturale che le impedisce di riconoscere le concrete connessioni esistenti tra “ricerca” e lavoro; “cultura” e diritto.

2_ L’attuale discorso storico-artistico è inefficace: fallisce nel compito di correlare “cultura” e economia; “cultura” e politiche delle pari opportunità. Con l’enfasi che lo distingue, posta su “popolo”, “padri costituenti” e “patrimonio”, non riesce a rivolgersi in modo persuasivo a chi già non abbia identiche opinioni, diffidi di pose testimoniali e sia comunque costretto a constatare la rigidità burocratica, l’inefficienza o il soverchiante interesse antiquario di parte dell’apparato pubblico di tutela. Un’agenda politica one issue è destinata a rimanere minoritaria. L’invocazione del “bene comune” con riferimento al “lascito dei padri” (non della conoscenza in quanto tale, della felicità o dell’emancipazione) appare discutibile se non retriva. La causa del patrimonio, per quanto “nobile”, non autorizza chi fa ricerca a sacrificare l’argomentazione razionale e l’attitudine sperimentale alle ragioni della faziosità o della propaganda, come spesso accade.

Torniamo a Bersaglio mobile. A mio parere il caso specifico – il conferimento di una remunerativa curatela a persone che non hanno attività di studio e pubblicazione durevoli e comprovate – costituisce una palese inopportunità, se non una lesione del diritto (ne ho accennato qui, ricostruendo circostanze e contesto*).

Per quanto Renzi e Mentana mostrino di ignorarlo, il loro atteggiamento di sufficienza costituisce una duplice forma di censura. Nega il punto di vista di chi fa ricerca. E infrange un criterio di trasparenza nell’assegnazione di incarichi pubblici. Avremmo necessità di controargomentazioni tempestive e brillanti. Invece, vuoi per mancanza di nuove strategie argomentative o di un maggiore equilibrio autoriflessivo, le retoriche della denuncia adottate da chi scrive di patrimonio potrebbero presto diventare moneta fuori corso.

* Michele Dantini, Matteo Renzi e le politiche della cultura, in: ROARS, 16.3.2014.